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Rifiuto all’emotrasfusione: istruzioni per l’uso






Il contesto etico e normativo che regola l’erogazione delle prestazioni diagnostiche ed assistenziali richiede la presenza dell’approvazione libera e consapevole del paziente o dell’avente diritto.
La violazione di tale principio comporta numerose conseguenze che possono avere rilevanza sul piano penale, civile, deontologico e disciplinare. La vigente normativa di riferimento è ampia e complessa1.
La problematica non può tuttavia esaurirsi in una attenta e puntuale applicazione di quanto la legge prevede, spesso infatti sorgono dei problemi di non semplice soluzione.
Uno di questi problemi è quello relativo alla gestione del paziente che rifiuta il trattamento trasfusionale con emocomponenti.
Si tratta dei cosiddetti pazienti “bloodless” che non sono più soltanto i “Testimoni di Geova” ma anche persone che per vari motivi, personali convincimenti, pregiudizi o altro, rifiutano il cosiddetto “trapianto liquido”.
Anche per tali motivi da anni ormai l’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove il programma di Patient Blood Management (PBM) con una articolata strategia che mette al centro la salute e la sicurezza del paziente, ottimizza la risorsa-sangue del singolo, migliora i risultati clinici e riduce in modo significativo l’utilizzo dei prodotti del sangue, affrontando tutti i fattori di rischio trasfusionale modificabili, ancor prima che sia necessario prendere in considerazione il ricorso alla terapia trasfusionale stessa2.
Il programma di Patient Blood Management (PBM) è implementato in Italia dal Ministero della Salute3 ed attuato con specifici provvedimenti emanati a livello regionale. Per la Regione Siciliana ricordiamo il D.A. del 7 febbraio 2018: Linee guida per l’implementazione del programma di Patient Blood Management (pubblicato sulla GURS n. 9 del 23 febbraio 20184).
 
Vediamo nella pratica clinica quali sono gli strumenti e le tecniche utili ad evitare la trasfusione al fine di accogliere il rifiuto del paziente.
Le principali azioni che possono essere utili a risolvere specifici casi in accordo alla volontà del soggetto seguono sostanzialmente tutti i principi del patient blood management.
Lo schema riassuntivo che segue è impostato sulla necessità di un approccio chirurgico, ma alcune delle azioni descritte sono attuabili anche per stati anemici non correlati a pratiche chirurgiche ma ad altre patologie:
OTTIMIZZAZIONE DELL’ERITROPOIESI
Nel periodo pre e post-operatorio e nel periodo peri-operatorio (solo per la gestione a breve termine) è possibile ricorrere alla stimolazione dell’eritropoiesi ed alla terapia marziale (per os ed i.v.).
CONTENIMENTO DELLE PERDITE EMATICHE
Nel periodo pre-operatorio è possibile attuare un predeposito cioè la cosiddetta autotrasfusione. L’autotrasfusione mediante predeposito consiste nella raccolta di unità di sangue da un paziente, nella loro conservazione e nell’utilizzo esclusivo per il paziente-donatore. Tale metodica spesso non viene però accettata dai Testimoni di Geova, inoltre ha specifiche controindicazioni e richiede un tempo di attuazione non indifferente.
Nella fase pre-operatoria è inoltre possibile sia pianificare la procedura chirurgica al fine di prevenire e limitare il sanguinamento iatrogeno, sia attuare una terapia antiaggregante piastrinica o una terapia con anticoagulanti.
Nel periodo intra-operatorio oltre alla già citata autotrasfusione si può ricorrere a tecniche di emodiluizione acuta normovolemica, a tecniche di recupero intraoperatorio, all’utilizzo di emostatici per uso topico, o a particolari tecniche anestesiologiche e farmacologiche.
Nel periodo post-operatorio oltre alle già citate tecniche di autotrasfusione e recupero è possibile utilizzare terapie anticoagulanti e gestire il sanguinamento post chirurgico.
OTTIMIZZAZIONE DELLA TOLLERANZA ALL’ANEMIA
Nel periodo pre-operatorio si può ricorrere alla valutazione e ottimizzazione della riserva fisiologica individuale per la tolleranza all’anemia. Nel periodo intra-operatorio è possibile tentare di ottimizzare la gittata cardiaca, la ventilazione e l’ossigenazione.
Nel periodo post-operatorio si può tentare l’ottimizzazione della tolleranza all’anemia, massimizzando l’apporto di ossigeno e minimizzandone  il consumo.
 
L’applicazione dei principi del PBM non è tuttavia sufficiente a districarsi tra le difficoltà indotte da un rifiuto alla trasfusione, specialmente in condizioni di emergenza e soprattutto in condizioni di grave stato anemico.
Si ribadisce inoltre che alcune tecniche di PBM, seppure non assimilabili a trasfusioni vere e proprie, non sono accettate da alcuni soggetti.
Il rifiuto alla emotrasfusione impone al medico di rispettare il volere del paziente o dell’avente diritto.
Prima di perdere una vita umana è tuttavia necessario tentare ogni valida e adeguata azione di comunicazione, anche e soprattutto, relativamente al rischio morte.
Tale comunicazione, con relativa acquisizione di dissenso alla trasfusione, deve essere sempre adeguatamente documentata.
L’esperienza ospedaliera insegna anche che a volte, con una comunicazione riservata, all’interno di contesti in grado di fornire l’isolamento del soggetto da condizionamenti esterni, in maniera inaspettata si è avuto il consenso alla trasfusione.
Nel rispetto delle persone e delle credenze religiose, ogni medico sa che questa è una via da tentare, con rispetto e professionalità. Come emerge dall’esperienza di medici europei e statunitensi, il paziente, seppur legato ad uno specifico gruppo religioso che non accetta l’emostrasfusione, può se adeguatamente informato sui rischi e benefici, acconsentire segretamente a che i medici possano salvargli la vita.
Tale modalità si basa certamente sulla grande capacità di empatia e comunicazione del personale sanitario e sulla capacità di mantenere il più stretto riserbo.

La gestione di questi casi è tuttavia estremamente complessa, pensiamo per esempio al caso in cui a necessitare della trasfusione sia un minore, o al caso in cui tutte le possibili azioni sopra descritte non abbiano sortito utili effetti.
Si apre in questo caso lo scenario dell’adire alle vie legali, con un susseguirsi di azioni che molto spesso sfociano in una valutazione a posteriori ad opera delle Autorità competenti.
Purtroppo accanto alle strategie di cura trovano posto sempre più frequentemente attacchi di tipo medico legale nei confronti dei medici.
Le sentenze di questi anni raccontano di casi umani, talora paradossali. Accanto a casi in cui un medico viene condannato per avere salvato una vita umana, se ne rilevano altri ove un altro medico viene attaccato per non avere eseguito una trasfusione per la quale non era stato dato il consenso.
Solo a titolo di esempio si riportano due sentenze sull’argomento5-6 (vedi link sottostante).
 
Quali sono le "istruzioni per l’uso" ? 
Difficile a dirsi !
Sono tante ma a volte tutte inutili.
Rifiutare un intervento chirurgico in elezione è un possibile escamotage, quando si può, quando le condizioni lo consentono. Ma non sempre è così.

Tre concetti sono tuttavia da tenere sempre a mente:
Al paziente ricordo di ascoltare con attenzione quanto il medico dice. Senza pregiudizio. Il medico ha l’obiettivo di curare e di salvare tutte le vite che può. Non è un nemico.
Al medico ricordo che il paziente ha l’inviolabile diritto alla autodeterminazione. Ha il diritto ad essere rispettato, ad essere informato con un linguaggio a lui comprensibile. Ha diritto a ricevere tutte le cure possibili anche se ne ha rifiutate di importantissime. Nel caso in cui la volontà del paziente sia riferita da familiari o da soggetti legalmente autorizzati, il medico ha sempre la responsabilità morale di tentare per quanto possibile di verificare che un diniego alla emotrasfusione corrisponda effettivamente a quanto avrebbe voluto il paziente.
Alla Struttura sanitaria ricordo che è necessario fornire ai medici strumenti di supporto alla decisione consistenti in adeguate procedure per la gestione del consenso informato, al fine di guidare il professionista nella gestione di questi casi critici, in cui la coscienza si scontra con il diritto. Casi in cui "vorremmo" ma non possiamo e non dobbiamo. Casi in cui il rispetto per la volontà del paziente deve accompagnarsi strettamente alla tutela del professionista e della Struttura.

Riporto infine il riferimento e due tabelle dell’utile documento redatto nel 2017 dal Gruppo di Studio per la Bioetica della SIAARTI sul rifiuto a ricevere l’emotrasfusione7.
Tale documento, del quale consiglio vivamente la lettura, riporta delle proposte di comportamento che rappresentano la base per affrontare il problema all’interno di ogni singola Struttura ospedaliera e consentire ai professionisti di scegliere, caso per caso, la migliore soluzione possibile.




Fonte: Siaarti  - Documento su Rifiuto Emotrasfusioni 2017





Fonte: Siaarti  - Documento su Rifiuto Emotrasfusioni 2017



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