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Visualizzazione dei post da marzo, 2019

Un errore una vittima. Addio alla “seconda” ?

In ambito sanitario un evento avverso può provocare danni di varia gravità o la morte di un paziente.  Il paziente che subisce le conseguenze dell’evento avverso è la cosiddetta “prima vittima". Se l’evento avverso è secondario ad un errore, nel caso in cui si associ a gravi danni per il paziente o addirittura ne causi il decesso, si può osservare un profondo coinvolgimento emotivo del professionista che ha commesso l’errore. Questo professionista è la cosiddetta “seconda vittima”. Da quasi un ventennio la "seconda vittima" (a parte i risvolti civili o penali) è considerata un soggetto che abbisogna di supporto umano ed emotivo in quanto persona ed in quanto risorsa per il sistema sanitario. Recentemente emergono tuttavia delle nuove “interpretazioni” sulle attenzioni riservate alla seconda vittima. Dubbi giungono da alcune associazioni di pazienti (per lo più negli Stati Uniti), ma anche da certa letteratura medica internazionale. Le associazio...

Houston, avete un problema ?

Mi perdonerete il titolo di questo articolo, per niente originale e pure storpiato, ma leggendo queste poche righe capirete. Correva l’anno 1970, l’Apollo 13 in viaggio verso la luna ebbe un incidente: la rottura di un serbatoio d'ossigeno. La situazione si mostrò immediatamente critica e resta famoso il messaggio che i tre astronauti lanciarono alla base sulla terra. La frase "Houston, abbiamo un problema" è passata alla storia. In realtà la frase che esattamente fu pronunciata fu "OK, Houston, qui abbiamo avuto un problema". A questa frase da Houston risposero "Qui Houston, ripetere prego".  Seguì "Houston, abbiamo avuto un problema" e poi tutti i relativi dettagli. A Houston si rimboccarono le maniche e anche se malconci li riportarono tutti a casa. La frase "Houston, abbiamo un problema" è oggi spesso utilizzata in modo ironico per segnalare la presenza di un problema imprevisto. Dal 1970 al 2019. Piane...

La verità rende liberi... e umani

All’interno di sistemi complessi, quali le organizzazioni sanitarie, il fattore umano rappresenta una preziosa risorsa ed allo stesso tempo una grande criticità. Il comportamento dell’essere umano si configura come uno dei principali fattori in grado di fare la differenza nell’outcome complessivo delle prestazioni diagnostico‑assistenziali.  In questo ambito quindi la gestione del rischio clinico non può assolutamente prescindere da forti considerazioni etiche, dalle quali discende lʹobbligo di attuare quanto possibile in ambito di prevenzione e adeguata comunicazione con il paziente.  La ricerca del continuo miglioramento delle prestazioni sanitarie implica lʹutilizzo di strumenti idonei per raggiungere livelli di sicurezza delle cure che vanno ben oltre il concetto di assenza di danno, ma tendono a raggiungere il concetto di sicurezza inteso come rispetto della dignità del paziente e del suo essere persona.  In questa accezione il rischio clinico abbraccia pi...

Errori e consensi. Breve pensiero.

Alcuni anni fa, ritornando a casa dal funerale della madre, un tale aveva fatto qualcosa di insensato. Dovendo affrontare un lungo viaggio aveva fatto il pieno di benzina alla sua vettura, che però era diesel. Il tale si accorse dell’errore mentre era in coda per pagare il carburante. L’automobile uscì illesa dall’evento potenzialmente letale provocato dalla disattenzione del conducente. Non dall’ignoranza, ma dalla disattenzione.   Le particolari circostanze emotive fecero sì che la sorte servisse su un piatto d’argento un errore dalle conseguenze quasi inevitabili. La disattenzione, di cui possiamo essere preda inconsciamente, crea una sorta di cecità che si nutre dei pregiudizi percettivi e cognitivi propri di noi umani. Al distributore come in ospedale (e mi perdonerete l’irriverente accostamento) alcuni rischi sono statisticamente inevitabili, intrinseci ai processi. Forse anche di errori inevitabili e non solo di complicanze si dovrebbe leggere nei nostr...

La Gestione del rischio clinico tra etica e professionalità

Con l’espressione “rischio clinico” si indica la possibilità che un paziente subisca un “danno o disagio involontario, imputabile alle cure sanitarie, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte” (Ministero della Salute, 2008). La gestione del rischio clinico è una attività complessa e articolata che si sviluppa a diversi livelli. Mira al raggiungimento di precisi obiettivi: ridurre i rischi, e quindi i danni, per i pazienti sottoposti a pratiche mediche. Nelle aziende sanitarie, la riduzione del danno è il primum movens per mettere in campo poderosi meccanismi di prevenzione e gestione del rischio clinico. Ne consegue un minor numero di sinistri, una diminuzione del contenzioso, una riduzione dei costi economici da sostenere, e, non ultima, la salvaguardia dell’immagine dell’organizzazione.  Accanto alle considerazioni economiche e di immagine, un’altra forte motivazione spinge tuttavia le aziende sanitarie ...