Errare è umano.
Nell’ambito di una cultura per la sicurezza del paziente errare è no blame.
Ma ignorare o peggio, perseverare, è una scelta. Come si suole dire, un errore ripetuto non è un errore, è una decisione.
Una scelta consapevole non può quindi essere no blame.
In sanità gli errori sono spesso commessi da professionisti preparati, coscienziosi e talora oberati di lavoro. Per tale motivo da anni non si è più alla ricerca del “colpevole”, ma piuttosto delle situazioni potenzialmente a rischio di errore.
Il modello no blame ha negli sostituito vecchi assetti punitivi che nulla portavano in termini di miglioramento del sistema e di analisi degli eventi.
Accade però che, alla luce di diffusi atteggiamenti assimilabili a vere e proprie sistematiche violazioni di procedure di sicurezza, stia iniziando a vacillare la fede, finora ferrea, nel paradigma no blame.
Un pilota che non applica la checklist prima di un volo prima o dopo resta senza aereo, almeno per un po'.
Un medico che non applica la checklist prima di un intervento chirurgico quante probabilità ha di restare senza paziente ? Anche solo per un giorno ?
Probabilmente pochissime. Se dobbiamo essere sinceri praticamente zero.
Da qui la necessità in taluni casi di implementare approcci più aggressivi rivolti principalmente agli “ammutinati” di turno.
Il reiterato ed immotivato disattendere ad una procedura di sicurezza, ove questa sia applicabile, dovrà quindi essere sanzionato.
Anche se in modo simbolico, il cartellino giallo deve saltar fuori.
Anche se in modo simbolico, il cartellino giallo deve saltar fuori.
In caso contrario ci potremmo trovare a dover fare la root cause analisys di eventi prevedibili.
Questo sarebbe un fallimento delle politiche per la sicurezza del paziente.
Questo sarebbe un fallimento delle politiche per la sicurezza del paziente.
Da più parti quindi avanza l’idea piuttosto che di una cultura “senza colpa” di una “cultura giusta”.
Il paradosso della cultura della sicurezza in modalità no blame è quello che agli estremi limiti essa diventa una “cultura dell’insicurezza”.
Tollerare ripetute violazioni potrebbe rappresentare quasi una complicità ancor meno tollerabile della violazione stessa.
Le violazioni hanno un prezzo etico, sociale ed economico e per tali motivi sono intollerabili.
Se l’errore umano ha dei precisi limiti oltre il quale è statisticamente incomprimibile, l’errore da violazione è assolutamente comprimibile.
Se le nostre trasgressioni sparano reati (cit), dal no blame passiamo all’accountability, dalla “non colpa” alla “responsabilità”.
Tutto questo non significa che risolti i problemi “di sistema” la prima non conformità debba immediatamente tradursi in sanzione, ma la terza o la quarta probabilmente sì.
La cultura no blame nasce per facilitare il miglioramento del sistema, se il sistema non migliora il no blame diventa solo un alibi. Ed un alibi non deve tradursi in una scusa per non agire.
Quando un peccato ha bisogno di un alibi, è già un crimine (cit).